Il livello di penetrazione delle app tra la popolazione digitale ha raggiunto numeri altissimi: già dal 2021 il 75 per cento del tempo trascorso online è proprio attraverso le app più disparate, in settori che vanno dalla messaggistica all’infotainment, dal dating ai social media, passando per l’e-commerce e i servizi di utilità pubblica. Le applicazioni più scaricate risultano essere quelle dei grandi operatori internazionali e nazionali, da Amazon a Google, fino a Facebook, considerate di norma affidabili e sicure.
La questione, sul fronte generale, mette in rilievo l’importanza della navigabilità e della fruibilità di un’app, visto che per molti risparmio di tempo e versatilità d’uso sono variabili essenziali, senza dimenticare la componente “sicurezza”.
Proprio per questo motivo, le aziende, a seconda del comparto e della disponibilità di budget, ma anche della strategia d’impresa, scelgono di mettere a disposizione degli utenti due tipi di app: le app native o le web app, ognuna con proprie caratteristiche strutturali, alle quali si aggiungono, in via intermedia, le app ibride.
Le app native sono sviluppate per specifici sistemi operativi, e si fondano su linguaggi di programmazione diversi per iOS o Android, rispettivamente Swift o Objective-C e Java. Il loro sviluppo richiede un investimento economico da parte delle aziende, mentre, dal lato utente, è necessario scaricarle sul dispositivo mobile, e aggiornarle costantemente.
I vantaggi delle app native vanno considerati anche in relazione ai settori di riferimento. Il fatto che le applicazioni native possano accedere agli hardware e software istallati nel device, come la fotocamera, le rendono ad esempio adatte a chi pubblica contenuti – come un recensore o un articolista -, mentre l’implementazione delle notifiche “push” è particolarmente idoneo nel caso degli e-commerce che puntano sulle promo, ma anche in quello delle piattaforme di comparazione.
La maggiore reattività delle app native rende migliori le prestazioni in alcuni comparti caratterizzati da alta interattività, ad esempio le app bancarie, mentre la risoluzione più alta e la qualità grafica si sposa bene alle esigenze dei fotografi, dei videogiocatori e così via.
In realtà i benefici vanno contemperati agli svantaggi, come il fatto di occupare spazio nella memoria del dispositivo e i download più lunghi. Per questo le aziende in alcuni settori non sempre fanno una scelta univoca: ad esempio, nel caso del gioco legale a distanza, che ha un ampio seguito trasversale, molti concessionari utilizzano le web app perché più versatili, ma c’è anche chi ad esempio usa i siti di comparazione per trovare le migliori app scommesse native, che rappresentano una soluzione più di nicchia e costosa, ma più interattiva e performante.
Un altro esempio è quello dell’e-commerce: non sempre le app native sono le più pratiche, perché, ad esempio, richiedono approvazione da parte del market, anche se, per contro, concedono una maggiore visibilità sugli store.
Ne consegue che la scelta dipende molto da fattori come la strategia d’impresa in primis, ma anche dalle disponibilità economiche necessarie allo sviluppo di app native. Va fatto inoltre un distinguo “strategico” importante, ovvero se per l’azienda è meglio puntare sulla qualità e sulle performance dell’app, oppure sui livelli di penetrazione ampi, tra un pubblico diversificato. In quest’ultimo caso la scelta cade spesso sulle web app che – si ricorda – vengono eseguite sul browser del device, e dunque non necessitano di un download. Per questo motivo non occupano spazio di memoria sul dispositivo e sono almeno 5 volte più “economiche” nello sviluppo rispetto alle web app; per contro, non possono essere caricate sugli store e non funzionano senza connessione Internet.
Una start up di e-commerce, ad esempio, di qualsiasi comparto, ma soprattutto in relazione a quelli di largo consumo (abbigliamento, cosmetica) dovrà quindi scegliere se è meglio optare per un investimento iniziale inferiore, a fronte di una minore visibilità in Rete, oppure se optare per l’app nativa, considerandola nel budget.
Una soluzione intermedia è quella delle app ibride, che funzionano su dispositivi dotati di un diverso sistema operativo, ma con lo stesso linguaggio di programmazione, ovvero HTML, CSS e JavaScript.
Il punto di forza è dunque quello di essere multipiattaforma, e meno costose rispetto alle web app, proprio perché si fondano su un unico codice. Questo tipo di scelta è soprattutto indicata per chi vuole raggiungere un’ampia platea, e non si deve pensare che siano di livello troppo inferiore alle app native. In realtà dipende dalle funzionalità che si vogliono garantire agli utenti: Twitter e Gmail, ad esempio, ma anche Instagram e Uber, funzionano con app ibride, e non per questo non sono fluide o performanti. In questo caso, è più importante che siano utilizzabili dal più vasto numero di utenti possibile.