In occasione del World Emoji Day, che ricorre il 17 luglio, Wiko – brand di telefonia portavoce del “lusso democratico” – ha interrogato tramite sondaggio Facebook gli utenti iscritti al gruppo Wiko Community Italia, per scoprire quali sono i trend in tema di emoji.
Le “faccine gialle”, sempre più utilizzate al giorno d’oggi, sono ormai diventate un linguaggio non verbale universale capace di tradurre in simboli grafici emozioni, espressioni, reazioni e gesti ma anche di sostituire vere e proprie parole, arricchendo e talvolta cambiando radicalmente il significato dei messaggi. Questo fenomeno testimonia un’evoluzione delle abitudini e dei costumi, evidenziando come il linguaggio della nostra società stia cambiando in una direzione che privilegia velocità, immediatezza e immagini.
Dai dati della community di Wiko il primo dato che emerge riguarda l’utilizzo stesso delle emoji: il 100% del campione le usa abitualmente per velocizzare e sintetizzare messaggi.
Scendendo più nel dettaglio, si scopre inoltre che le emoji più diffuse sono quelle legate a emozioni positive. Al primo posto c’è la faccina che piange di gioia (53%), seguita dal classico smile che sorride (18%) e dall’emoji con gli occhi a forma di cuore (16%) . E se le immagini e foto di animali fanno incetta di cuori e like sui social, tra le emoji sembra invece che abbiano meno successo, solo il leone (3%) riscuote più successo.
Se da un lato le faccine sono un alleato perfetto, da utilizzare a tutte le età per una comunicazione efficace e veloce, ci sono alcuni contesti in cui sarebbe meglio evitarle. Quando mettere dunque un assoluto veto al loro uso (e abuso)? In primo luogo, con il proprio capo, secondo il 42% degli intervistati è, infatti, meglio non utilizzare le emoji all’interno delle comunicazioni in ambito professionale con i propri superiori, seguito da un ulteriore 25% che dichiara che sarebbe meglio evitarne l’utilizzo, oltre che con il proprio responsabile,anche con i colleghi di lavoro.